La forza comunicativa e relazionale del teatro comunitario

La forza comunicativa e relazionale del teatro comunitario

Da quasi un anno Francesca Bina svolge il Servizio Civile Nazionale all’estero in Mozambico. Durante la sua permanenza a Caia ha incontrato il gruppo di teatro Mãe para Mãe rimanendone colpita.

“Ho conosciuto il gruppo Mãe para Mãe dell’Associazione Mbaticoyane lo scorso marzo, non appena sono arrivata a Caia. Dopo aver conosciuto tutte le attività del CAM qui nel distretto ho scelto senza grossi dubbi di esplorare più a fondo questa, perché ho un particolare interesse per il teatro.

Il primo giorno non lo scorderò mai: alle 15.30 con Elias arriviamo alla Casa de Saude e realizziamo dopo mezz’ora che le partecipanti avevano tutte “tirato il pacco”, come si suol dire. Tutte tranne una. Sdraiata su una stuoia c’era Vitoria, una donna magra, con sguardo spento e qualche lacrima sul viso, con suo figlio lì accanto che dormiva beato. Provo a scambiare due parole con lei con l’aiuto di Elias; mi racconta che ha appena perso il marito con il ciclone a Beira e adesso si trova sola con a carico due bambini; lei sieropositiva e anche il più piccolo. Anche i vicini di casa la evitano, si sente molto sola. Ha cominciato a gennaio con il gruppo di teatro. Questo incontro mi conferma il fatto di voler entrare dentro il teatro di Mbaticoyane.

Dal giovedì successivo, quindi, comincio a partecipare alle prime prove: il grande scoglio è stato inizialmente quello della lingua e sapevo che il processo di creazione di fiducia reciproca sarebbe stato lungo, più lungo sicuramente rispetto ad altri luoghi.

Per un abbondante periodo ho continuato ad osservare e a cercare di entrare sempre un po’ più dentro le dinamiche del fare teatro del gruppo: l’osservazione per me è stata fondamentale, perché mi ha permesso di studiare bene i comportamenti e cominciare a conoscere le persone. Anche dal modo di recitare si capiscono tante cose di una persona, senza necessariamente dover fare troppe domande. Ho mantenuto l’impegno il più costante possibile, come per dire “guardate che ci sono e mi piace quello che fate!”.

Ebbene si, perché il teatro del gruppo Mãe para Mãe non è il teatro che ci si immagina: non ha nulla a che vedere con la dizione, con i testi classici o con i versi recitati a memoria; è un teatro comunitario con uno scopo esclusivamente sociale.

Il gruppo, composto prevalentemente da donne, mette in scena piccoli spettacoli con l’obiettivo di far riflettere gli spettatori e le comunità sopra tematiche sanitarie: in particolare buone prassi sull’HIV, come assumere i medicinali, consigli sul non abbandonare le cure, sul recarsi in ospedale, il dialogo tra medicina tradizionale e medicina dell’ospedale, rompere il silenzio riguardo alcune chiusure mentali relative ai malati di HIV e non solo, i diritti delle donne, ecc.

Tutte queste tematiche vengono affrontate negli spettacoli che Mãe para Mãe porta in scena nelle comunità: non importa la raffinatezza del teatro, importa soprattutto che le persone si immedesimino nella situazione che viene rappresentata, per cercare di innescare una sorta di riflessione collettiva nella speranza di cambiare mentalità sul lungo periodo, ovviamente.

La grande forza del teatro sta proprio in questo; riuscire a comunicare anche solo con un gesto, senza parlare, con il semplice sguardo, con il semplice movimento del proprio corpo, è un vero acceleratore di integrazione tra le persone, con la sua straordinaria capacità di abbattere qualsiasi barriera linguistica mettendo al centro proprio l’espressione e il movimento. Tutto il corpo.

Nella mia prima fase di osservazione, mi sono accorta di quanto il teatro sia acceleratore di messaggi perché sicuramente riesce ad arrivare laddove non riesce l’ospedale; le persone hanno meno diffidenza nel sentire altre persone che, come loro, sono sieropositive e senza paura lo raccontano.

Si, perché questo gruppo di donne sa bene cosa vuol dire convivere con l’HIV e, proprio per questo motivo si mette in gioco e lo racconta, perché capisce l’importanza di abbattere lo stigma dell’HIV e della condizione del malato qui a Caia.

Dopo aver osservato, ho deciso di mettermi in gioco anche io, perché sentivo che la fiducia reciproca stava via via aumentando. Inizialmente ho promosso una piccola formazione tecnica e da lì inaspettatamente, il gruppo mi ha proposto di recitare il 1 dicembre in occasione della Giornata Mondiale contro l’HIV.

Lo scoglio più grande per me continuava ad essere la comunicazione, perché ovviamente gli spettacoli sono in cisena, la lingua locale, ma abbiamo adottato un escamotage per non far percepire questa differenza… e ci sembra aver funzionato!

La grande forza del teatro sta proprio in questo; riuscire a comunicare anche solo con un gesto, senza parlare, con il semplice sguardo, con il semplice movimento del proprio corpo, è un vero acceleratore di integrazione tra le persone, con la sua straordinaria capacità di abbattere qualsiasi barriera linguistica mettendo al centro proprio l’espressione e il movimento. Tutto il corpo.

A teatro le differenze sono davvero il punto di forza: nel teatro si riesce realmente a sperimentare che, indipendentemente dal colore di pelle, le persone si trovano sullo stesso piano. Si crea la sintonia, l’empatia e la relazione che porta a vederci persone e non “mzungu” e “mozambicani”, “bianchi” e “neri”, “capo” e “dipendenti”.

Il teatro arriva, parla, gioca con le persone che lo fanno e il pubblico che assiste, con la speranza di renderlo sempre più attivo e critico. Ma con la speranza anche di far crescere le persone che si mettono in gioco e in questo Vitoria per me è stata un esempio incredibile. Oggi anche lei sale sul “palco”, si diverte, ride, grida quando deve gridare e piange quando deve piangere.

Spesso le attività artistiche vengono fatte passare in secondo piano o sono le prime a cui vengono tagliati i fondi, perché non si riescono chiaramente a trovare degli indicatori per dimostrare empiricamente i risultati raggiunti: d’altronde, mi pare piuttosto complicato trattandosi di una attività artistica.

Però davvero auguro a tutti di poter incontrare la propria Vitoria che, con serenità, si confronta con le sue difficoltà e trova la chiave di lettura per poterle superare.

Per lei questa chiave è stata ed è tuttora il teatro.”

Francesca Bina

Trent’Anni Del Giornale ERRE & Concerto Ostello California

Trent’Anni Del Giornale ERRE & Concerto Ostello California

Il CAM insieme agli amici di Ravina e Romagnano vi invita sabato 21 dicembre al concerto degli Ostello California, band tributo dei famosi Eagles, presso il teatro Demattè di Ravina. La serata è promossa per festeggiare i trent’anni della rivista ERRE promossa dall’omonima Associazione Culturale. 
L’ingresso libero e le offerte raccolte saranno devolute a sostegno del progetto “escolinhas” del CAM!

QUI il link dell’evento!

Vi aspettiamo!

Donne per la salute ed i diritti

Donne per la salute ed i diritti

La nostra collaboratrice Francesca Bina ha recuperato per noi alcune testimonianze da parte delle donne dell’associazione Grupo de Mulheres De Partilha De Ideaias De Caia creato grazie al percorso di formazione e sensibilizzazione per attiviste promosso dal CAM nel 2018. Grazie alle biciclette fornite dal progetto Mozambikes, queste donne riescono a coprire un’area estesa fornendo servizi sanitari e coinvolgendo la comunità in formazioni sui temi della sanità, dell’alimentazione e soprattutto dei diritti di genere

Joana Luis vive a Sombe, una comunità del Distretto di Caia, ma che è sprovvista di strada e nove mesi su dodici l’anno è completamente sommersa dall’acqua o dal fango che si crea proprio perchè non esiste una strada.

“Questa bicicletta mi permette di raggiungere Caia Vila in due/tre ore di pedalata, invece che mezza mattinata di camminata. Per me è molto importante, significa dimezzare i tempi e riuscire a incontrare più donne per poter portare avanti il mio lavoro legato alla sensibilizzazione sui diritti che spettano a noi donne.”

Dona Mariana Jolindo, energica e con voce possente aggiunge: ” E’ vero, spesso i diritti di noi donne vengono messi da parte, ci vengono negati. La società ci vede e ci pensa solo in funzione dell’uomo; dobbiamo pensare alla casa, alla machamba e ai figli, ma avremo diritto anche noi a impiegare il nostro tempo come meglio crediamo?” E orgogliosa mi mostra il video sul cellulare delle due giornate di formazione tenutesi  a Tete con tutti i gruppi di Sofala delle Mae de Partilha

Roseta Baera arriva da Murraça e anche lei concorda molto sulla questione dell’ottimizzazione dei tempi di spostamento. “Io lavoro prevalentemente a Murraça, ma, se ogni tanto mi capita di andare a Caia, è sempre difficile organizzare il trasporto. Ora con questa bicicletta non mi sembra vero.”

Julia Maria Tomé, del Grupo de Mae de Partilha de Sena è una donna forte e determinata, parla a nome delle tre donne che lavorano a Sena e fanno sensibilizzazione riguardo i diritti delle donne. “La bicicletta è un mezzo fondamentale per spostarsi dentro le comunità, spesso le strade sono inesistenti e a piedi i tragitti sono molto lunghi. Questa bicicletta per me rappresenta autonomia e indipendenza. Peccato solo che quando c’è qualche problema è difficile trovare i pezzi di ricambio perchè è fatta in modo un po’ diverso dalle nostre e anche la chiave per togliere i bulloni è diversa.”

Rosa Domingos, invece, non fa parte del Grupo Mae de Partilha de Caia, lavora invece nel gruppo teatrale dell’Associazione Mbaticoyane che si occupa di sensibilizzare le comunità sopra i temi dell’HIV, TBC, sul prendere bene le medicine, sul non abbandonare le cure e sul rompere il silenzio e la vergogna sopra queste tematiche. “In quanto anche io malata mi sento molto legata a questo lavoro, mi piace andare nelle comunità e poter lanciare un messaggio diverso attraverso uno spettacolo teatrale preparato insieme alle altre donne che lavorano con me. Un messaggio che possa dire di cambiare un po’ la mentalità che sta intorno alla malattia e la cura dei malati e su come certe malattie sono viste. Con la bicicletta sicuramente ho acquisito un’autonomia che prima non avevo, sono molto felice.”

Adotta un’escolinha!

Adotta un’escolinha!

Inizia nel mese di novembre la nuova campagna di raccolta fondi organizzata dal CAM, “ADOTTA UN’ESCOLINHA!”.

Che cosa sono le escolinhas e in che modo puoi essere di aiuto?

Le escolinhas sono i 4 asili fondati dal CAM nella città di Caia. Dal 2003 garantiscono a circa 600 bambini un programma di educazione pre-scolare in grado di fornire un’istruzione di base con avvicinamento alla lingua portoghese, un pasto al giorno e attività educative di tipo sanitario e sociale. L’obiettivo è di facilitare l’inserimento dei bambini nella scuola primaria, con particolare attenzione alle fasce a rischio, come orfani e bambine. Una opportunità in più per centinaia di bambini che spesso, per necessità familiari, sono costretti ad abbandonare gli studi in favore di lavori manuali in grado di aiutare la famiglia economicamente.
Il progetto inoltre coinvolge la popolazione e le famiglie dei bambini attraverso incontri e formazioni atti a sensibilizzare la comunità su tematiche importanti quali la parità di genere e l’importanza di una corretta alimentazione.

Decidendo di partecipare a “Adotta un’escolinha!” con una donazione periodica (mensile, trimestrale, semestrale o annuale) di importo a scelta, contribuirai a garantire un pasto sano e nutriente al giorno a tutti i bambini, parteciperai all’acquisto dei materiali didattici necessari allo svolgimento delle attività, renderai possibile l’aggiornamento formativo costante degli educatori, contribuendo al sostegno del loro salario e ad assicurare una manutenzione delle strutture, offrendo un luogo sicuro e dignitoso agli scolari.

Tutte le attività finanziate grazie a questa campagna verranno periodicamente pubblicate e comunicate.

Un modo semplice per aiutare direttamente ed indirettamente un’intera comunità!

Scopri di più QUI!

Un anno all’escolinha Miriam

Un anno all’escolinha Miriam

AGGIORNAMENTO – Scarica la presentazione “un anno all’escolinha Miriam” con le foto e i racconti

Il Consorzio Associazioni con il Mozambico è lieto di invitarvi martedì 10 dicembre presso il Consorzio Lavoro Ambiente per la presentazione di “Un anno all’escolinha Miriam”, un incontro dedicato al racconto delle attività svolte durante l’anno scolastico 2019 presso l’asilo di Caia dedicato a Miriam Bosetti, amica e sostenitrice del CAM, e più in generale per fare il punto sul progetto degli asili in Mozambico.

L’escolinha Miriam è situata nel quartiere Amilcar Cabral, uno dei più popolati di Caia. Gli abitanti del quartiere vivono in capanne costruite con materiali tradizionali e sopravvivono soprattutto grazie all’agricoltura di sussistenza. È comune che sin dalla giovane età i bambini abbandonino gli studi per aiutare la famiglia a mantenersi lavorando e aiutando in casa. L’obiettivo del progetto escolinhas è quello di facilitare l’ingresso e la permanenza nella scuola primaria, per permettere a tutti i bambini di studiare e realizzarsi. Nel 2019, 84 bambine e 69 bambini sono stati accolti nell’escolinha Miriam, di questi 15 orfani di uno o entrambi i genitori. Gli educatori Maria Paulino Jequessene e Mateus Jose Sebastiao si occupano di organizzare le diverse attività. Si gioca, si disegna ma anche si impara a prendersi cura degli orti della scuola e si apprendono le basi del portoghese, la lingua ufficiale del Mozambico. Più del 94% di bambini diplomatisi presso gli asili CAM proseguono gli studi nella scuola primaria. Un ottimo risultato considerando che il 41% delle persone nel Paese non sa leggere ne scrivere.

 Durante la serata verrà presentata l’escolinha Miriam attraverso foto e racconti e si coglierà l’occasione per presentare la nuova campagna di raccolta fondi creata per sostenere gli asili “Adotta un’escolinha!”, lanciata dal CAM nel mese di novembre per finanziare i pasti degli asili, la formazione degli insegnanti e la manutenzione delle strutture.

Seguirà un momento conviviale e di scambio di auguri! Vi aspettiamo!