Le conseguenze del ciclone Freddy sull’economia di Caia, Marromeu e Cheringoma

Le conseguenze del ciclone Freddy sull’economia di Caia, Marromeu e Cheringoma

Andrea Patton, fondatore del progetto di microcredito, commenta le conseguenze del ciclone Freddy che lo scorso marzo ha colpito pesantemente molte zone del Mozambico, con un’analisi sul suo impatto nell’economia dei distretti dove il progetto è attivo.

“Le zone del Mozambico maggiormente colpite dalla violenza del ciclone sono state le Provincie di Sofala e Zambezia, dove le piogge torrenziali ed i forti venti hanno causato vittime e danni ingenti alle già precarie costruzioni ed alle coltivazioni. Le autorità competenti si sono viste costrette, inoltre, a scaricare parzialmente l’enorme bacino idroelettrico di Cahora Bassa con il conseguente innalzamento del fiume Zambesi, già a livelli di allerta gialla, e la rottura degli argini a nord di Chemba e lungo tutto il percorso fino alla foce. Le vie di comunicazione, peraltro sempre precarie, sono state interrotte per più giorni e migliaia di ettari di coltivazioni sono stati allagati, con la perdita quasi totale della coltivazione principale, il mais.

I distretti dove opera il CAM nel settore del microcredito, Caia – Marromeu e Cheringoma, hanno risentito pesantemente di questa situazione. In particolar modo Caia e Marromeu hanno sofferto maggiormente, trovandosi adiacenti il fiume Zambesi e con moltissimi campi nelle zone più fertili in prossimità del fiume o dei suoi affluenti. Le comunità di questi distretti, lontane dalle città, vivono soprattutto grazie all’agricoltura e alla pastorizia e di conseguenza le esondazioni hanno privato loro del primo raccolto di mais e causato la perdita di vari capi di bestiame. Non solo. A lato delle coltivazioni principali (mais, sorgo, riso) gli agricoltori coltivano anche il sesamo, definita coltura di “rendimento” poiché destinata totalmente alla commercializzazione. La maggior parte degli agricoltori aveva già trapiantato le piantine di sesamo in pieno campo (operazione che si esegue tra la metà di febbraio e metà di marzo) e pertanto nelle zone allagate anche questa coltivazione è andata perduta. Dopo il venti di marzo stanno cercando di ripiantare nuovamente ma i risultati sono di dubbio esito!

La coltura del sesamo è estremamente importante poiché permette alle famiglie di avere un reddito supplementare che consente loro di poter mandare in primo luogo i loro figli a scuola ma anche di comprare altri prodotti necessari al miglioramento della vita quotidiana. Per capire l’importanza del sesamo basti pensare che annualmente produce introiti nei distretti che sono stimati attorno ai tre milioni di euro.

In questo contesto anche le nostre attività di microcredito si sono venute a trovare in una situazione di precarietà e certamente risentiranno gli effetti del ciclone Freddy. Molti dei nostri beneficiari che avevano ricevuto dei finanziamenti per il settore agricolo sono in difficoltà nel pagamento dei mutui ed anche i commercianti cominciano ad avvertire la stessa problematica. Se gli agricoltori non hanno liquidità per fare acquisti è evidente che anche i piccoli commercianti non vendono i loro prodotti.

Come uffici di microcredito CAM dialoghiamo con i beneficiari in difficoltà e cerchiamo di capire le loro necessità prorogando i piani di ammortamento o ristrutturando il debito in altre forme.

Andrea Patton

Come uffici di microcredito CAM ci siamo mossi immediatamente, dialoghiamo con i beneficiari in difficoltà e cerchiamo di capire le loro necessità prorogando i piani di ammortamento o ristrutturando il debito in altre forme. Nonostante ciò, siamo sempre stati aperti e continuiamo sempre con le nostre erogazioni mensili, senza taglio alcuno e dando fiducia alle persone. Non è la prima volta che il settore del microcredito affronta queste cicliche problematiche e siamo preparati per affrontarle nel miglior modo possibile, coscienti, tuttavia, che qualche perdita la dovremo sopportare anche noi.

Confidiamo che gli agricoltori possano avere un dignitoso secondo raccolto di mais e che si possa recuperare almeno una parte di sesamo che sarà commercializzato verso la fine di giugno, in modo da poter dare un poco di fiato alle economie locali.”

Vedi anche: https://www.trentinomozambico.org/il-ciclone-freddy-colpisce-il-mozambico/
Foto INGC Moçambique

 

Il ciclone Freddy colpisce il Mozambico, allagamenti e danni anche a Caia

Il ciclone Freddy colpisce il Mozambico, allagamenti e danni anche a Caia

Ancora una volta, nella stagione delle piogge, il Mozambico è colpito da cicloni ed eventi estremi che causano sofferenze e danni. Sabato 11 marzo il ciclone Freddy, proveniente dall’Australia, si è abbattuto sul Mozambico, Malawi e Madagascar.Ad essere colpito maggiormente è stato il Malawi, ma anche la provincia di Zambesia in Mozambico ed altre zone del nord del paese. I danni alle abitazioni sono ingenti, così come il bollettino dei morti provvisorio di circa 200 morti in Malawi e 10 in Mozambico (fonte Reliefweb 15 marzo).

La situazione meteorologica al momento è ancora molto instabile, con forti venti e soprattutto costanti piogge ed allagamenti. Il ciclone ha causato la piena dei fiumi Melosa e Chirre, in Malawi, che hanno riversato acqua nel fiume Zambesi del Mozambico, il quale divide la provincia di Sofala dalla provincia di Tete.

La situazione a Caia

A Caia moltissimi quartieri sono allagati. La sede del CAM ha subito danni nella notte tra il 14 ed il 15 marzo, con il crollo del tetto della machessa nel cortile (spazio coperto utilizzato come sala-riunioni). E’ crollato il tetto di una delle strutture all’escolinha Lar dos Sonhos, ci sono altri danni minori ai tetti di altri asili ed i cortili sono ancora allagati.

Moltissime persone di vari quartieri di Caia sono sfollate presso scuole o altri edifici sicuri e le linee elettriche sono interrotte.

Dati ufficiali del Governo del Distretto di Caia indicano 7.585 persone sfollate presso 18 centri di accoglienza, 4 strade interrotte, migliaia di abitazioni danneggiate o interamente distrutte. 3 unità sanitarie, 24 scuole hanno subito pesanti danni.

La prima fase

Emanuela De Vivo, medico operante a Caia dove è impegnata con il nuovo progetto di salute Follow the SUN riferisce:

“per fortuna non ci sono feriti, ma la situazione è difficile, tante persone hanno perso tutto quello che avevano, abitazioni, negozi, attività nelle quali avevano investito.

Ora si contano i danni e si cerca di recuperare ciò che può essere salvato dalle case inondate.

Al CAM stiamo cercando di capire come muoverci per la prima assistenza e poi ci sarà da pensare alla ricostruzione, a cosa dare priorità. Molte scuole dovranno rimanere chiuse ancora a lungo, perché utilizzate come centri di accoglienza per gli sfollati. Elias Lanquene (coordinatore a Caia e responsabile delle attività in area sanitaria) mi ha riferito che molte di quelle scuole erano già carenti di latrine, le situazione ora è sicuramente difficile.”

Eventi estremi e gestione delle emergenze

Come riportato nel bollettino del Governo di Caia, la forte inondazione del distretto non è dovuta solo alle piogge e ai venti, ma anche all’apertura della grande diga di Cahora Bassa, situata a nord, il più grande impianto idroelettrico dell’Africa Meridionale.

 Il ciclone Freddy aveva già colpito Mozambico e Madagascar alla fine di febbraio ed è ritornato in Africa meridionale, seguendo un percorso ad anello raramente osservato dai meteorologi. Freddy sembra pertanto destinato a diventare il ciclone più duraturo mai registrato.

 Negli ultimi anni, tempeste tropicali e cicloni stanno diventando fenomeni sempre più frequenti e distruttivi lungo la costa sud-orientale del continente africano, per effetto del cambiamento climatico.

Il CAM è vicino ai famigliari delle vittime e vuole esprimere la sua solidarietà verso tutte quelle persone che hanno perso la loro casa. Força e coragem.

 

AGGIORNAMENTO 23 MARZO

 Il CAM attraverso il gruppo degli assistenti domiciliari sta fornendo kit di emergenza (alimenti e beni di prima necessità) e sta partecipando al gruppo di coordinamento dell’emergenza a Caia (COE, con le autorità governative, IOM, Unicef e WFP) per restare aggiornati sull’evoluzione della situazione e i bisogni. Alla data di giovedì 23 i centri di accoglienza erano 31 (arrivati a 55 con 51.658 persone e 11.235 famiglie, 1.093 orfani, 814 anziani), numeri che variano frequentemente, poiché i luoghi di ricovero vengono smantellati e creati in base alla situazione delle inondazioni. Il fiume Zambesi è ancora 1 metro sopra il suo livello normale. 

 


 

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 Nella galleria fotografica foto scattate a Caia tra il 13 e il 15 marzo 

Giovani di Beira per Beira – accompagnare l’imprenditoria locale

Giovani di Beira per Beira – accompagnare l’imprenditoria locale

In occasione della recente edizione del Corso di Lingua Portoghese e Cultura Mozambicana, abbiamo fatto una chiacchierata con Feleciano Januário, collaboratore del progetto InovAção Circular a Beira, facendoci raccontare ciò che fa e qual è il panorama delle startup della città.

Tra il 2014 e il 2015 Feleciano, allora ventiduenne, ha fondato la sua impresa, Feluja, che offre vari servizi informatici. In seguito ha conosciuto altri giovani imprenditori, incontrati soprattutto in occasione di fiere ed eventi, che hanno sentito la necessità di unirsi e da lì è nato l’incubatore di impresa Hub Link, nel 2017. Hublink, che oggi conta 5 membri fondatori, ha lo scopo di aiutare altri giovani imprenditori ad avviare, ed “accelerare” la loro attività, ponendo attenzione agli aspetti di sostenibilità sociale ed ambientale.

Uno delle iniziative più belle promosse dalla rete nei suoi primi anni di attività sono state le “connessioni”, eventi di scambi di esperienza dove si raccontano testimonianze di successo. La rete di  “giovani di Beira per Beira” lavorava bene, all’epoca non erano ancora legati a progetti nazionali o con riferimento alla capitale Maputo, ma avevano intenzione di espandersi nelle vicine province di Chimoio, Tete, Zambese. Poi a marzo 2019 è arrivato il terribile ciclone Idai, che ha devastato la città di Beira, gli uffici, le infrastrutture. Per quasi un mese è mancata l’acqua corrente, la benzina, molte volte l’elettricità e la rete internet. Questa tragedia ha impattato molto sul lavoro di piccoli imprenditori.  Alcuni sono riusciti a resistere e in qualche caso a trasformarsi puntando molto sulle piattaforme digitali, e in molti casi sono arrivati anche supporti finanziari ed operativi dall’estero, nei progetti di intervento post-ciclone, ma poi nel 2020 è arrivata la pandemia da covid-19 danneggiando molte attività che erano faticosamente ripartite.

Incoraggiamo l’imprenditorialità tra i giovani  per ridurre significativamente la disoccupazione giovanile e la povertà, sostenendo iniziative che contribuiranno a sradicare le disuguaglianze in Mozambico, in particolare a Beira.

Feleciano Januário

Co-fondatore di Hub Link

Feleciano è un giovane che non si ferma mai, oltre alla sua impresa, alla collaborazione con il CAM per il progetto InovAção Circular (IAC), ad essere parte di Hub Link e a lavorare per l’Università Zembeze di Beira è anche delegato provinciale dell’associazione nazionale giovani imprenditori. Attraverso quest’ultimo impegno cerca di agire per dare delle opportunità in provincia di Sofala e in altre zone del centro-nord del Mozambico, visto che la maggior parte degli eventi, delle formazioni, delle opportunità a livello nazionale si tengono a Maputo. La capitale è decentrata e distante per tantissimi giovani imprenditori di altre zone del paese.

Il progetto InovAção Circular, all’interno del quale Feleciano si occupa sopratutto del rafforzamento dei due incubatori e acceleratori di impresa beneficiari del progetto, nei wuali ha seguito anche la fase di creazione, e  ha tra i suoi obiettivi anche il supporto alle reti femminili di impresa.  Non disponiamo di dati affidabili sulle imprese gestite da donna, ma Feleciano racconta che ci sono alcune realtà dinamiche e in crescita con cui il progetto IAC collabora, attive in ambiti quali la produzione e processamento di alimenti (ad esempio una piccola imprenditrice produce e commercializza burro di arachidi), catering, importazione e commercio di pesce, realizzazione di oggetti di riciclo creativo con le lattine.

Buon lavoro a Feleciano, con l’augurio che il 2023 sia un anno di crescita positiva per le tante realtà ad impatto sociale che lui, gli amici di Hub Link e il progetto IAC supportano!

30 anni di pace in Mozambico – ricordi e riflessioni 2

30 anni di pace in Mozambico – ricordi e riflessioni 2

Ieri, 4 ottobre, ricorreva il trentesimo anniversario degli accordi di pace in Mozambico, firmati a Roma il 4 ottobre 1992. Ricordiamo l’anniversario con due testimonianze personali Giovanna Luisa e Gianpaolo Rama, due tra i fondatori del CAM, che hanno vissuto da vicino la svolta storica, in Mozambico.

Nell’ottobre 1992 vivevamo e lavoravo a Maputo. Ricordo la pena e l’ansia con la quale la popolazione agognava il raggiungimento di un accordo, dopo 16 anni di dilaniante conflitto, di stragi violente, di sanguinosa guerra fratricida, sostenuta e alimentata da forze straniere. Si seguivano le notizie che provenivano dalla Comunità di S. Egidio a Roma con apprensione e speranza. Nella guerra civile era capitato che il padre si trovasse casualmente da una parte dei contendenti e il figlio o il fratello dall’altra. Molte famiglie avevano perso dei loro congiunti, o non ne avevano più notizie da anni. Gli ultimi anni erano stati di grave siccità, i campi erano aridi o abbandonati per l’insicurezza, tutti gli animali selvaggi annientati, la fame e perfino la sete imperversava. Anche i soldati della Renamo, che perlopiù vivevano saccheggiando villaggi, non avevano più nulla da rubare. Ricordo di aver visto per la prima volta nella mia vita donne e bambini morire di fame e sete.

Nelle settimane antecedenti la firma giungevano dall’Italia vari comunicati contrastanti o meglio, altalenanti tra accordo fatto e accordo non ancora raggiunto, mentre in Mozambico focolai di conflitto armato proseguivano qui e là dimostrando una trattativa e una contesa ancora aperta.

Tale era il desiderio della pace, che allorché la televisione ha mostrato il presidente Joaquim Chissano e il capo della Renamo Alfonso Dlakama firmare, la popolazione ha esultato di autentica felicità e invaso le piazze. Era tale la speranza in un futuro migliore che improvvisamente perfino l’idea di nemico era andata sfumando e, pur senza una profonda azione di verità e giustizia, la popolazione riconciliata, anche nelle regioni dove la Renamo aveva le sue basi, reclutava i suoi soldati, e aveva acquisito un certo consenso.

Solo i combattenti, non ancora disarmati, avevano pretese e ambizioni che facevano intendere che il processo di pacificazione non sarebbe finito con la firma, ma avrebbe richiesto più tempo, prospettando nuovi scontri. Questi si sono effettivamente in seguito avuti ma fortunatamente in zone limitate e di breve durata.

 

Molte delle speranze, nate nel 1992 e poi nel 1994 con le prime Elezioni democratiche, di convivenza e prosperità per il popolo sono state deluse. Oggi il Mozambico ha un’economia di mercato, e, pur ricco di enormi risorse naturali – delle quali pochi si avvantaggiano- , vede un contrasto impressionante tra ricchi e poveri – la maggior parte della popolazione-, una corruzione dilagante, una guerra al nord del Paese, ove vi sono giacimenti di gas naturale, minerali e pietre preziose.

Lo stato fatica a sostenere le opere pubbliche necessarie, la sanità, la scuola, entrambe con seri problemi di qualità dei servizi offerti, solo in parte attenuati dallo sforzo della cooperazione internazionale”

Tale era il desiderio della pace, che allorché la televisione ha mostrato il presidente Joaquim Chissano e il capo della Renamo Alfonso Dlakama firmare, la popolazione ha esultato di autentica felicità e invaso le piazze.

Era tale la speranza in un futuro migliore che improvvisamente perfino l’idea di nemico era andata sfumando e, pur senza una profonda azione di verità e giustizia, la popolazione riconciliata.

La storia dell’accordo di pace – qui riassunta nell’apposita pagina di  Wikipedia – è raccontata estesamente, con interviste e testimonianze, nel documentario Mozambique Paths of Peace, del 2012, potete contattarci se desiderate una copia del DVD.

30 anni di pace in Mozambico – ricordi e riflessioni 1

30 anni di pace in Mozambico – ricordi e riflessioni 1

Oggi, 4 ottobre, ricorre il trentesimo anniversario degli accordi di pace in Mozambico, firmati a Roma il 4 ottobre 1992. Ricordiamo l’anniversario con due testimonianze personali Giovanna Luisa e Gianpaolo Rama, due tra i fondatori del CAM, che hanno vissuto da vicino la svolta storica, in Mozambico.

“Quando due elefanti lottano è l’erba che soffre”

(Proverbio africano)

1982: era la prima volta che ci trovavamo così lontani da casa, ospiti di un Paese da poco uscito da un conflitto che l’aveva portato, stremato, all’indipendenza dal colonialismo portoghese (1975). La ricostruzione veniva assunta dai vincitori, i mozambicani del partito del Frelimo, di ispirazione marxista, osteggiati ben presto dai mozambicani dalla Renamo, l’esercito filo occidentale di resistenza. Armati da potenze straniere, che aspiravano ad aumentare le reciproche zone di influenza, o almeno a mantenere quelle che già si erano conquistate, i due schieramenti combatterono una guerra fratricida che durò oltre 16 anni e si sarebbe conclusa il 4 ottobre 1992, con un Accordo di Pace siglato a Roma, presso la sede della Comunità di S. Egidio.

Restammo in Mozambico oltre due anni, accompagnando il declino a cui la guerra sottomise uomini, donne e bambini, lentamente privati di ogni diritto, pur essendosi liberati della schiavitù degli antichi coloni.

Il Cuamm, (Medici con l’Africa) aveva destinato Paolo al lavoro ospedaliero nel distretto che gravitava intorno a Luabo, in Zambezia. Terra di fiorente coltivazione della canna da zucchero in epoca coloniale, a quel tempo si avviava inesorabilmente alla decadenza.

Al nostro arrivo, nel 1982, nei negozi della cittadina, gestiti da mercanti indiani, erano ancora disponibili derrate alimentari, stoffe, oggetti di uso comune, distribuiti alla gente che accorreva grazie ad un passa parola e si accodava in lunghe file in attesa del proprio turno. Vi trovavano pesce, latte, legumi, zucchero, anche pane qualche volta. Poi sempre meno. All’asilo dove lavoravo i bambini venivano soprattutto perché avevano un pasto garantito, ma nei due anni della mia permanenza ho visto dapprima servire riso e fagioli o verdure, carne o pesce, una volta alla settimana almeno, poi tè con i biscotti, ed infine soltanto più tè.

A fine guerra, occorre ricostruire non solo l’ambiente devastato, non solo i servizi essenziali, occorre ricostruire se stessi, ritrovare qualcosa in cui credere, qualcuno con cui camminare

Nel 1984, lo spettro della fame si aggirava tra le case della popolazione. La città più vicina, dove trovare rifornimenti, era ad almeno 6 ore di auto, ma con il passare del tempo, non per colpa delle piogge, la strada divenne impraticabile. La strategia adottata dalla Renamo era quella di isolare i luoghi abitati. Lungo le strade di collegamento c’erano continui attacchi. Non si poterono più evacuare nemmeno i malati. L’unico aereo di collegamento serviva i mercanti e le loro merci. Trovare posto per un malato richiedeva instancabili negoziazioni, a volte discussioni accese.

Nel 1984 eravamo tornati a casa, in Italia, da due mesi, quando venimmo a sapere che la cittadina era stata invasa dalle truppe antigovernative. Un anno dopo le stesse truppe l’avevano messa a ferro e fuoco, distruggendola e rapendo chi non era riuscito a fuggire. Rapirono anche gli amici frati, cappuccini di Bari, missionari che tante volte ci avevano fatto sentire la differenza tra stare “per” e stare “con” la gente, in mezzo alla quale eravamo tutti andati a vivere.

Tornammo in Mozambico dieci anni dopo, nel 1992. Ci fermammo a Maputo. La nostra famiglia era cresciuta: eravamo in cinque e la guerra stava per finire. Restammo altri 6 anni. Non occorsero tutti per capire che le guerre finite, in realtà vedono finire i conflitti sulla carta, ma non nella realtà: a fine guerra, per molti anni ancora, chiunque può saltare su una mina inesplosa, esseri umani ed animali, che a volte sono l’unica ricchezza di una famiglia. A fine guerra, occorre ricostruire non solo l’ambiente devastato, non solo i servizi essenziali, occorre ricostruire se stessi, ritrovare qualcosa in cui credere, qualcuno con cui camminare.

Il Mozambico ha trovato tutto ciò? Non lo so: Indubbiamente una lunga pace ha permesso la ricostruzione dell’ambiente, una offerta più diffusa di servizi, una maggiore disponibilità di beni. Ma non ovunque, né per la maggioranza. La corruzione interna, alimentata dagli appetiti delle potenze occidentali, che guardano alle enormi ricchezze del Mozambico (gas naturale, oro, rubini, crostacei, terra, legno carbone,…), crea oggi malcontento e instabilità politica notevoli. Le carenze si vivono in ogni ambito sociale, soprattutto al nord del paese, dove prevalgono povertà ed insicurezza e dove l’assenza dello Stato a fianco della popolazione, permette il sorgere di conflitti da parte di gruppi non sempre identificati, violenti ed armati che minacciano la pace, faticosamente raggiunta, ma forse poco adeguatamente difesa e coltivata.

Giovanna Luisa – 4 ottobre 2022

La storia dell’accordo di pace – qui riassunta nell’apposita pagina di  Wikipedia – è raccontata estesamente, con interviste e testimonianze, nel documentario Mozambique Paths of Peace, del 2012, potete contattarci se desiderate una copia del DVD.

Italia e Mozambico: amicizia e collaborazione nella visita del governo italiano a Maputo

Italia e Mozambico: amicizia e collaborazione nella visita del governo italiano a Maputo

I rappresentanti del governo italiano durante la visita di Mattarella a Maputo hanno incontrato le organizzazioni non governative italiane che operano nel Paese. Un commento della nostra Rappresentante Paese Marina Bosetti

In questi giorni, 4-5 e 6 luglio 2022, è in corso a Maputo una visita di Stato del Presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, con una agenda fitta di appuntamenti istituzionali. La visita mira a coltivare legami bilaterali tra i due paesi, Mozambico e Italia, che si sviluppano da decenni in molte direzioni e di cui l’accordo di pace di Roma trent’anni fa, è solo uno dei tasselli più significativi.

La cooperazione tra i due paesi si è sviluppata anche grazie al contributo di importanti interventi da parte di organizzazioni non governative, come la nostra, la Comunità di Sant’Egidio (di cui Mattarella ha visitato i progetti, nel Centro Dream), il CUAMM e molte altre.

Anche il lavoro del Trentino nella Provincia di Sofala si inserisce in questo percorso di scambio: prima con l‘intervento di 15 anni a Caia promosso dalla Provincia Autonoma di Trento e in seguito con le attività di cooperazione con le quali prosegue la propria azione sul territorio il CAM. Un lavoro che, seppur periferico rispetto alla capitale Maputo, è conosciuto e riconosciuto e ne sono prova sia le visite in Trentino di importanti membri del governo Mozambicano (tra cui i Presidenti della Repubblica del Mozambico Emilio Armando Guebuza nel 2007, e Joaquim Chissano nella primavera del 2000), sia le parole di stima e apprezzamento verso il CAM da parte dei diversi ambasciatori italiani in Mozambico e Mozambicani in Italia che si sono succeduti in questi 20 anni.

All’interno del programma di visita della delegazione istituzionale italiana in Mozambico si è tenuto il 5 luglio un incontro tra la Vice Ministra degli Esteri Marina Sereni e le organizzazioni non governative italiane che lavorano in Mozambico. Abbiamo chiesto alla nostra Rappresentante Paese Marina Bosetti, che vi ha preso parte, alcune considerazioni. 

La viceministra Sereni ha mostrato interesse e disponibilità verso le attività che le organizzazioni italiane portano avanti in Mozambico in ambito di cooperazione e solidarietà. Infatti non si è accontentata di ascoltare le testimonianze di ciò che viene fatto e la sintesi del programma paese da parte della direzione dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione (AICS) di Maputo, ma ha voluto che le venissero esposte anche le principali criticità del lavoro in Mozambico. Ovviamente i nodi spinosi che conosciamo bene, e cioè l’ottenimento del visto per gli espatriati ed il permesso di lavoro per l’organizzazione sono stati menzionati, ma oggettivamente non ci aspettiamo che la situazione possa migliorare a breve, nonostante gli accordi e i legami di amicizia tra i due paesi.

Dal punto di vista degli impegni in ambito cooperazione internazionale tra Italia e Mozambico, si sta infatti lavorando alla firma di un nuovo accordo, che darà priorità all’ambito “emergenza”. Emergenza intesa sia umanitaria (come l’assistenza ai rifugiati delle zone oggetto di scontri violenti nel nord del paese), sia l'”emergenza climatica” per la quale il Mozambico è un territorio particolarmente vulnerabile, come hanno mostrato i recenti cicloni. Si è anche intuito che l’intenzione è quella di aumentare i fondi a disposizione per il lavoro in Mozambico. Vedremo se il proposito si concretizzerà nei prossimi anni, parallelamente agli sviluppi sugli investimenti commerciali e in ambito energie i quali, non nascondiamocelo, erano temi centrali della visita di Mattarella nel Paese.

E’ stato un incontro particolarmente partecipato: io ero collegata online, così come alcuni altri rappresentanti di organizzazioni che non avevano la possibilità di presenziare a Maputo, ma ho visto che la sala era particolarmente piena. Sono 32 le OSC (Organizzazioni della Società Civile) accreditate presso l’ufficio dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione di Maputo, penso che praticamente tutte abbiano colto l’invito e dato importanza all’incontro, cui ha partecipato anche l’ambasciatore italiano in Mozambico Gianni Bardini. Da parte sua la viceministra Sereni ci ha tenuto a ringraziare le organizzazioni per la “manovalanza”, cioè l’essere le braccia operative sul territorio delle azioni promosse da AICS direttamente con le persone del posto, anche con le autorità locali, complimentandosi per la ricchezza e la qualità del lavoro svolto in questi anni e per l’essere stati vicini e tempestivi anche in occasione di catastrofi come il ciclone Idai.