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Kukomerua significa “allegria”.

È il nome di una delle escolinhas di Caia. E secondo me è un termine che rappresenta proprio bene quell’ambiente. Non ne troverei altri per descrivere quel vulcano di bambini che ti travolgono con la loro gioia e spensieratezza.

Ha ragione Martinho. Lui è coordinatore dell’area educativa del CAM, e in virtù del suo ruolo deve visitare spesso le sue escolinhas. Ma è sempre il momento della giornata che preferisce di più. Bastano pochi minuti con questi bambini per cambiare qualsiasi giornata e farti dimenticare di qualsiasi problema. E io non posso che concordare.

Bambini in età prescolare spesso orfani o svantaggiati che possono trovare in queste escolinhas una piccola oasi felice nella quale correre, divertirsi, giocare.. ma soprattutto crescere in un ambiente sano e protetto.

La visita di un muzungu tra i bambini è sempre una piccola sorpresa.

(alcuni sono addirittura un po’ spaventati… un uomo tutto bianco non l’avevano proprio mai visto).

Immaginate quanto grande può essere la sorpresa se questo muzungu porta con se pennelli e colori e propone di disegnare le pareti della machessa principale!

Non è stato difficile trovare aiutanti per quest’impresa. Appena hanno visto i colori, una folla di piccoli volontari si è radunata attorno a me curiosa.

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Ho spiegato come usare i pennelli e come mischiare i colori primari per ottenere nuovi colori.

Insieme abbiamo trasformato le pareti blu della machessa centrale in un mare pieno di pesci e creature misteriose. All’inizio ho tracciato il disegno principale con un pennarello e ho lasciato che fossero i bambini a colorarlo, lasciando spazio anche all’iniziativa personale. Forse troppa, quando hanno cominciato a dipingere ovunque, anche fuori dal disegno!

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Per fortuna gli educatori mi hanno aiutato, guidando con infinita pazienza i bambini nella loro opera. Anzi, pareva quasi che loro si stessero divertendo più dei bambini a colorare quel grande dipinto!

Ne ho avuto conferma quello stesso pomeriggio, quando sono rimasti con me a terminare l’opera, anche dopo che i bambini se ne fossero andati. Ormai era diventato l’opera di tutti noi, e volevamo completarla! Ognuno ha dato il suo contributo e ha aiutato come meglio potesse, alcuni riscoprendo un insospettabile talento artistico.

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Abbiamo passato il pomeriggio a cercare di coprire qualche pasticcio combinato dai bambini un po’ troppo “creativi”. E penso sia stata la cosa più bella della giornata. Vedere questi educatori condividere insieme una giornata di creatività e allegria. Soprattutto vederli ridere e scherzare tra loro, tornando improvvisamente bambini per un giorno.

Vedere il nostro lavoro ultimato a fine giornata è stata la soddisfazione più grande di tutti noi.

È stata proprio una bella giornata!

Uno dei tanti motivi per i quali non potrò dimenticare Caia facilmente.

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Il secondo murale ha una storia differente.

Volevamo rimettere in discussione il tema AIDS all’interno della comunità. Perché a Caia è ancora uno dei temi più scottanti e più divisivi, con l’epidemia in continua crescita e fuori controllo. E soprattutto per il forte l’impatto sociale che essa scatena. A causa di una diffusa ignoranza, pregiudizi, tradizioni sbagliate e carenza di supporto sanitario, non è raro scoprire famiglie spezzate, ragazzi abbandonati, e vite spesso distrutte.

A volte basterebbe poco. Un’informazione migliore, maggiore educazione, per evitare un finale drammatico e cambiare la narrativa di molte storie di malattia.

C’è uno stigma ancora fortemente diffuso verso i malati di AIDS che può e deve essere cambiato, per non peggiorare un problema già cronico per sua natura.

Abbiamo provato quindi a riportare a galla questo tema con un murale ad esso dedicato.

È stato realizzato appena il giorno prima della mia partenza da Caia. Un ultimo lasciato che volevo dedicare alla comunità che mi ha accolto e ospitato per cinque memorabili mesi.

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Un piccolo addio.

(O forse solo un arrivederci?)

 

Lorenzo Dalbon maggio 2018