A inizio anno, il settimanale mozambicano Savana ha dedicato un ampio e bell’articolo al progetto del CAM nel settore dei rifiuti solidi urbani a Beira. A firmarlo il direttore Fernando Lima, amico del CAM sin dal suo viaggio a Trento nel 2017, ospite in occasione dell’evento “Mozambico Presente e Futuro”.
Al momento in cui è stato pubblicato l’articolo, la città era stata da poco colpita dal ciclone Chalane, che aveva causato danni, minori però rispetto al successivo ciclone Eloise del 23 gennaio.
Sul ciclone Eloise rimandiamo a questo articolo, sul ciclone Idai, il devastante evento di marzo 2019, al dossier che raccoglie tutto il materiale.

La gente di Beira ha trascorso questa settimana attendendo il Ciclone Chalane, ma continua a gestire gli effetti devastanti di Idai. Daviz Simango, il sindaco, e i suoi partner stanno cercando di “portare avanti la barca” soprattutto nella lotta contro il “mostro” di spazzatura che i tecnici chiamano “RSU” (Rifiuti Solidi Urbani). La costruzione di una discarica, così come il bacino di ritenzione delle acque piovane dell’Alto da Manga, è ancora un miraggio, ma un impianto di compostaggio (trasformazione dei rifiuti organici) è qualcosa che incoraggia Daviz e i suoi soci di Trento, una città storica del nord Italia da cui proviene Mario Raffaelli, una vecchia conoscenza dei mozambicani. SAVANA è andata a Munhava Matope per vedere cosa si fa dentro e la discarica e grazie ad essa.

Durban è il “nome di guerra” di Mario Antonio Katunde, vinto in altre battaglie nella prigione centrale di Beira, dove ha passato “alcuni mesi senza accusa”. La sua guerra è ormai la spazzatura, più concretamente la sua trasformazione in compost, nel mezzo della discarica di Munhava Matope, un quartiere di diseredati alla periferia della città di Beira. Durban è nato e cresciuto in città, ma i suoi genitori venivano da Mutarara in Tete.
Durban accompagna la separazione dei rifiuti e la gestione di un processo che richiede 4-5 mesi per rendere il composto ricco di azoto, fosfati e potassio. “La spazzatura più ricca è quella organica che si genera nei mercati”, spiega Flore Roura, agronomo adottato da Beira dove ha creato il progetto Terra Nova. Per chi conosce l’odore degli avanzi marci dei mercati, il composto è un granulato praticamente inodore.

Quest’anno, Durban e i suoi compagni hanno prodotto 130 tonnellate di fertilizzante ma sono riusciti a vendere solo il 25% del prodotto. Un sacco da 25 kg costa 120 meticais. In assenza di clienti con potere d’acquisto, Terranova lavora con associazioni di produttori agricoli “a cui vende a un prezzo sovvenzionato”. Al confine della discarica risaie a perdita d’occhio. Nelle terre inondate arriva anche il “mussopo”, un pesce che viene pescato con delle gabbie, una proteina preziosa nei quartieri poveri di Beira.
Durban comanda un piccolo esercito di 37 ex disoccupati di Munhava Matope, un nome che è anche fonte di paura, visto l’alto livello di microcriminalità nella zona generato dalla disoccupazione. Dato che il compost è ancora nel campo del politicamente corretto, Terra Nova raccoglie rifiuti presso i privati e ha già fatto un’incursione nel riciclaggio della plastica per la produzione di pavimentazioni e l’uso dei rifiuti delle latrine per migliorare il compost. La plastica è l’attività del progetto/società 3R (Reducing, Recycling, Reusing) che lavora al lato della discarica. Come a Maputo, schiacciano contenitori e altri tipi di plastica e poi esportano il materiale compattato.

Il ruolo del CAM

Quelle che sembrano piccole isole di imprenditorialità in mezzo alla discarica erano nel caos durante il post-Idai. Il CAM (Consorzio Associazioni con il Mozambico) ha mobilitato fondi per la “riqualificazione” della discarica, la costruzione di discariche e strade di accesso per la circolazione dei camion. L’UNDP e la Cooperazione Italiana “fanno la loro parte”, erogano le somme per la realizzazione dei progetti quando i contributi comunitari non sono sufficienti per l’entità delle sfide.

Beira produce 536 tonnellate di RS (rifiuti solidi) al giorno, ma la struttura ha la capacità di rimuovere solo 199 tonnellate. Non c’è una spiegazione formale di come si risolve il deficit, ma i responsabili del CAM ritengono che un impianto di compostaggio possa essere una soluzione per la città, così come a Nampula dove pure lavorano. E siccome nulla accade senza fondi, il CAM gestisce progetti come “small is beatiful” (piccolo è bello). Nel quartiere Maquinino, vicino al mercato locale, si fa “educazione ambientale” e raccolta differenziata. Ci sono bidoni per i rifiuti organici, di plastica e di carta. E ci sono “attivisti dell’immondizia” che cercano di mobilitare gli utenti del mercato tramite un nuovo motto che va di moda: applicare le migliori pratiche. “E’ un esperienza pilota”, spiega Helder Domingos del CAM.

Nell’ospedale centrale di Beira è stato costruito un nuovo camino per l’inceneritore di rifiuti bio-medici, mentre il progetto di inceneritore rifiuti per tutta la città, da posizionarsi a Inhamizua, non procede. Il vecchio inceneritore tratta ogni giorno 400 chili di siringhe ed aghi usati e i “residui biologici” della chirurgia. Il fumo nero che esce dall’ospedale è un incubo per i residenti della classe media di Macuti.

Nel quartiere di Chingussura, accanto alla storica Missione di S. Benedito a Manga, con i finanziamenti di ricostruzione post-idai è stato creato un nuovo sistema di drenaggio e fornitura di acqua potabile. Una benedizione per le decine di nascite che avvengono ogni giorno nel centro sanitario pubblico. Il tutto mentre il grande progetto della discarica e dell’impianto di compostaggio non arriva.

Fernando Lima

Traduzione a cura di Marika Sottile – qui sotto l’articolo originale