In ricordo di Roberta: il valore di un lascito che continua a donare

In ricordo di Roberta: il valore di un lascito che continua a donare

Il 13 settembre ricorre la Giornata nazionale del lascito solidale, un’occasione per riflettere su come i nostri gesti possano continuare a generare bene anche oltre la nostra vita. In questa giornata vogliamo ricordare Roberta Salvalai, che ha scelto di compiere un atto di grande generosità destinando al Consorzio Associazioni con il Mozambico (CAM) un lascito solidale.

 

Una vita dedicata agli altri

 Roberta era una professoressa amatissima dai suoi studenti. Credeva nel potere liberante della conoscenza e nella forza delle parole, che insegnava a usare non come ornamento ma come strumento di ricerca di senso. «La conoscenza è congiunta indissolubilmente all’amore», amava ricordare, e così ha trasmesso ai suoi ragazzi non solo nozioni, ma anche passione e cura per il mondo.

 Molti la ricordano come una maestra di vita, sempre attenta alle fragilità e ai talenti di ciascuno, capace di accompagnare con pazienza e dedizione i percorsi dei suoi studenti. Nonostante le difficoltà, ha creduto nella politica come forma alta di servizio, e ha testimoniato questa convinzione con il suo impegno nella Caritas parrocchiale e nella comunità di Monzambano.

 Roberta era una donna appassionata, presente, generosa. Amava i libri, la parola autentica, la condivisione. Ha affrontato con coraggio la malattia, circondata dall’affetto dei suoi amici e studenti, che oggi la ricordano pieni di gratitudine e commozione. Si è presa cura dei propri genitori, che ha curato e assistito con amore, degli amici e di quanti necessitassero di aiuto con disponibilità e generosità.

 Un gesto che guarda al futuro

 Con il suo lascito, Roberta ha scelto di continuare a prendersi cura degli altri anche oltre la sua vita. Ha sostenuto il CAM, che da oltre vent’anni lavora in Mozambico e in Italia per promuovere progetti di educazione, salute, sviluppo comunitario e solidarietà internazionale.

 Il suo gesto è un seme che continuerà a portare frutto, contribuendo a costruire un futuro migliore per tanti bambini, giovani e famiglie.

Posizionamento della targa a ricordo di Roberta Salvalai presso la Casa da Saude a Caia (maggio 2025)

Che cos’è un lascito solidale?

Fare un lascito solidale significa inserire nel proprio testamento la decisione di destinare una parte, anche piccola, del proprio patrimonio a un ente o a un’organizzazione non profit. È un modo semplice e concreto per trasformare i propri valori in eredità di bene, a favore delle cause in cui si è creduto per tutta la vita.

 Non serve essere ricchi né lasciare grandi somme: ogni contributo, grande o piccolo, può fare la differenza. È un atto di fiducia e amore verso il futuro, capace di prolungare la propria testimonianza oltre il tempo.

Un invito a riflettere

Ricordando Roberta, il CAM desidera ringraziare lei e tutte le persone che, come lei, scelgono di sostenere i più fragili con un gesto di generosità profonda.

In occasione della Giornata del lascito solidale, invitiamo chiunque lo desideri a informarsi su questa possibilità, consultando le informazioni e scaricando il pdf disponibile qui. Un lascito solidale non toglie nulla ai propri cari, ma aggiunge valore e speranza al futuro di tanti.

Così come la vita di Roberta ha lasciato un segno indelebile in chi l’ha conosciuta, anche il suo lascito continuerà a scrivere pagine di giustizia, solidarietà e amore.

Oltre le immagini: il ruolo del Responsabile della Comunicazione nelle parole di Evidêncio

Oltre le immagini: il ruolo del Responsabile della Comunicazione nelle parole di Evidêncio

“Perché essere un Responsabile della Comunicazione è importante per me?”

Dal 2023 Evidêncio lavora con il CAM come Responsabile della Comunicazione e Visibilità. In questi anni ha raccontato i nostri progetti attraverso immagini, storie e testimonianze, mettendo in luce l’impatto del nostro lavoro nelle comunità. Le sue parole mostrano come la comunicazione sia molto più di documentazione: è un modo per creare connessioni autentiche e dare voce alle persone. Vi invitiamo a leggere la sua riflessione per scoprire cosa significa, dalla sua esperienza, essere Responsabile della Comunicazione.

All’inizio pensavo che essere un Responsabile della Comunicazione significasse semplicemente scattare foto delle varie attività di un progetto o di un’organizzazione e poi pubblicarle sui social media. Quando necessario, creare poster di base su eventi, sensibilizzazione e altri materiali visivi.
Ed era esattamente quello che facevo. Ma dopo alcune settimane, forse nel mio secondo mese in questo settore, ho iniziato a osservare l’atteggiamento di altre organizzazioni e professionisti del settore. È stato allora che mi sono posto una domanda fondamentale: “Cosa significa essere un Responsabile della Comunicazione?”
Questa riflessione ha cambiato completamente la mia visione. Ho capito che questa funzione va ben oltre l’adempimento del Termine di Riferimento presentato al momento dell’assunzione. Essere un Responsabile della Comunicazione significa inserirsi nel progetto, immergersi nella comunità, comprendere l’impatto delle attività promosse e trasformarle in storie viventi. È molto più che registrare eventi; è cogliere l’essenza di ogni iniziativa.

Quando comprendiamo veramente l’impatto del lavoro di un’organizzazione, capiamo quali fotografie catturano meglio l’emozione del momento, quali manifesti comunicano il messaggio in modo chiaro e quale formato di campagna di sensibilizzazione è più adatto alla realtà di quella comunità. Per questo è essenziale “far parte della comunità”, sentire l’impatto delle iniziative e capire come le persone le percepiscono.

Nel corso del mio percorso, ho imparato lezioni preziose da persone incredibili. Vorrei condividerne due:
1. “Un servizio fotografico ben fatto è più di un insieme di immagini”. Racconta una storia con un inizio, una parte centrale e una fine, narra eventi nel tempo e nello spazio e trasmette emozioni in modo genuino.
2. “Il modo migliore per raccontare una storia è farne parte”. Comprendere la cultura, sperimentarla, viverla e mettersi nei panni delle persone che vengono fotografate o filmate crea connessioni reali e autentiche.

Oggi sento di amare ancora di più il mio lavoro. Mi piace interagire con le persone, vedere i bambini che corrono e sorridono, cogliere la gentilezza nei piccoli gesti. Amo il modo in cui vengo accolto, lo splendore negli occhi delle persone quando mostro loro le foto sulla fotocamera, i sorrisi spontanei, i dialoghi nella lingua locale, il semplice atto di mangiare con le mani e imparare a conoscere la cultura delle varie comunità.

Questo è ciò che significa per me essere un Responsabile della Comunicazione. Non si tratta solo di riportare fatti, ma di dare voce, emozione e vita alle storie che devono essere raccontate.

Evidêncio Machirica, Responsabile della Comunicazione e Visibilità del CAM
L’Africa sfida le mappe: via la proiezione di Mercatore dalle scuole

L’Africa sfida le mappe: via la proiezione di Mercatore dalle scuole

L’Unione Africana ha annunciato che sosterrà un’iniziativa per cambiare la cartina comunemente usata per rappresentare il mondo, basata sulla proiezione di Mercatore. Questa rappresentazione, ideata nel XVI secolo per facilitare la navigazione, distorce le dimensioni reali dei continenti: più ci si allontana dall’equatore, più i territori appaiono grandi. Così, la Groenlandia sembra avere la stessa grandezza dell’Africa, che in realtà è 14 volte più estesa.

Secondo la vicepresidente della Commissione dell’Unione Africana, Selma Malika Haddadi, questa distorsione non è solo tecnica: ha contribuito a consolidare l’idea che l’Africa fosse un continente marginale, influenzando l’istruzione, i media e persino la politica. Per contrastare questa visione eurocentrica, l’Unione Africana appoggia le organizzazioni Africa No Filter e Speak Up Africa nella promozione della proiezione Equal Earth, una rappresentazione più fedele alle proporzioni reali del pianeta.

Quanto è grande davvero l’Africa?

 Scopri di più e prova il confronto interattivo

L’obiettivo è introdurre questa nuova cartina nelle scuole africane e nelle istituzioni internazionali in cui i paesi del continente sono presenti, restituendo all’Africa la sua vera grandezza e centralità. Alcune organizzazioni, come la Banca Mondiale, hanno già abbandonato la proiezione di Mercatore a favore di mappe più accurate. Con questo passo, l’Africa rivendica il diritto a una rappresentazione più equa del mondo e di sé stessa.

Per approfondire, puoi leggere l’articolo integrale pubblicato da Il Post

La guerra è cenere: l’appello del Cardinale Battaglia alla coscienza

La guerra è cenere: l’appello del Cardinale Battaglia alla coscienza

Finché una bomba varrà più di un abbraccio, saremo smarriti. Convertite i piani di battaglia in piani di semina, i discorsi di potenza in discorsi di cura. La strategia suprema è impedire a un bambino di perdere l’infanzia.
Di fronte al dramma che si sta consumando a Gaza, anche il CAM, in armonia con gli obiettivi che sempre hanno guidato le proprie azioni, non intende restare in silenzio, ma unirsi alle tante voci che, chiedono il rispetto del Diritto alla vita, alla Pace, all’autodeterminazione e, scegliendo di fare proprie le parole del vescovo di Napoli, monsignor Battaglia. le affida ad amici e sostenitori.
Il Cardinale ci offre una riflessione profonda e toccante che denuncia con forza la disumanità della guerra e richiama tutti alla responsabilità di difendere la vita. Condividiamo pienamente le sue parole, che ci invitano a scegliere la pace e a diventare costruttori di speranza e non complici del male.
“E voi che sprofondate nelle poltrone rosse dei parlamenti, abbandonate dossier e grafici: attraversate, anche solo per un’ora, i corridoi spenti di un ospedale bombardato; odorate il gasolio dell’ultimo generatore; ascoltate il bip solitario di un respiratore sospeso tra vita e silenzio, e poi sussurrate – se ci riuscite – la locuzione «obiettivi strategici».
Il Vangelo – per chi crede e per chi non crede – è uno specchio impietoso: riflette ciò che è umano, denuncia ciò che è disumano.
Se un progetto schiaccia l’innocente, è disumano.
Se una legge non protegge il debole, è disumana.
Se un profitto cresce sul dolore di chi non ha voce, è disumano.
E se non volete farlo per Dio, fatelo almeno per quel poco di umano che ancora ci tiene in piedi.
Quando i cieli si riempiono di missili, guardate i bambini che contano i buchi nel soffitto invece delle stelle. Guardate il soldato ventenne spedito a morire per uno slogan. Guardate i chirurghi che operano al buio in un ospedale sventrato. Il Vangelo non accetta i vostri comunicati “tecnici”. Scrosta ogni vernice di patria o interesse e ci lascia davanti all’unica realtà: carne ferita, vite spezzate.
Non chiamate «danni collaterali» le madri che scavano tra le macerie.
Non chiamate «interferenze strategiche» i ragazzi cui avete rubato il futuro.
Non chiamate «operazioni speciali» i crateri lasciati dai droni.
Togliete pure il nome di Dio se vi spaventa; chiamatelo coscienza, onestà, vergogna. Ma ascoltatelo: la guerra è l’unico affare in cui investiamo la nostra umanità per ricavarne cenere. Ogni proiettile è già previsto nei fogli di calcolo di chi guadagna sulle macerie. L’umano muore due volte: quando esplode la bomba e quando il suo valore viene tradotto in utile.
Finché una bomba varrà più di un abbraccio, saremo smarriti. Finché le armi detteranno l’agenda, la pace sembrerà follia. Perciò, spegnete i cannoni. Fate tacere i titoli di borsa che crescono sul dolore. Restituite al silenzio l’alba di un giorno che non macchi di sangue le strade.
Tutto il resto – confini, strategie, bandiere gonfiate dalla propaganda – è nebbia destinata a svanire. Rimarrà solo una domanda:
«Ho salvato o ho ucciso l’umanità che mi era stata affidata?».
Che la risposta non sia un’altra sirena nella notte.
Convertite i piani di battaglia in piani di semina, i discorsi di potenza in discorsi di cura. Sedete accanto alle madri che frugano tra le macerie per salvare un peluche: scoprirete che la strategia suprema è impedire a un bambino di perdere l’infanzia. Portate l’odore delle pietre bruciate nei vostri palazzi: impregni i tappeti, ricordi a ogni passo che nessuno si salva da solo e che l’unica rotta sicura è riportare ogni uomo a casa integro nel corpo e nel cuore.
A noi, popolo che legge, spetta il dovere di non arrenderci. La pace germoglia in salotto – un divano che si allunga; in cucina – una pentola che raddoppia; in strada – una mano che si tende. Gesti umili, ostinati: “tu vali” sussurrato a chi il mondo scarta. Il seme di senape è minimo, ma diventa albero. Così il Vangelo: duro come pietra, tenero come il primo vagito. Chiede scelta netta: costruttori di vita o complici del male. Terze vie non esistono.”
Cardinale e Arcivescovo metropolita di Napoli, Mons. Domenico Battaglia.
Incendio a Caia: aiutaci a ripartire

Incendio a Caia: aiutaci a ripartire

Lo sai che, da anni, la mattina, molto presto, un automezzo del CAM usciva dalla sede di Caia in Mozambico, carico di tecnici ed operatori sanitari, per “portare l’ospedale” alle popolazioni lontane, disseminate nella campagna? Si trattava della cosiddetta “clinica mobile”, in appoggio all’ospedale locale.

Si viaggiava durante ore su strade dissestate, per raggiungere la gente che si raccoglieva nel luogo convenuto e aspettava. Lì si vaccinava, si visitavano le donne gravide, si individuavano persone da ricoverare, si pesavano e misuravano i bambini, si trattavano i casi di malnutrizione, si curavano le malattie e si distribuivano le medicine disponibili. Fino a quando non calava la sera.
La gente sapeva che la clinica mobile sarebbe arrivata e che sarebbe intervenuta a favore di chiunque avesse bisogno. Ora la gente aspetta invano: l’auto del CAM è fuori uso, bruciata durante un incendio avvenuto in sede.

L’automezzo facilitava anche gli acquisti di cibo e materiale scolastico per le 4 escolinhas di Caia, che accolgono quotidianamente 325 bambine e bambini dai 3 ai 6 anni offrendo un’opportunità educativa e un’importante sostegno nutrizionale grazie al pasto quotidiano.

Aiutaci ad acquistare un nuovo automezzo.
Aiutaci a tornare tra la gente che aspetta la “clinica mobile” e a fornire un pasto caldo ai/alle bambini/e degli asili.

In un momento in cui tante iniziative umanitarie stanno chiudendo per la volontà politica di alcuni, non consentire che questa chiuda per un evento avverso.

 

Il 15 maggio nella sede storica del CAM a Caia un incendio che ha compromesso parte della struttura dell’ufficio e bruciato, rendendola inservibile, una delle due macchine disponibili. Con l’aiuto di alcune persone della comunità e di due membri delle forze dell’ordine, siamo riusciti a spegnere le fiamme, fortunatamente non ci sono stati feriti gravi.
Non ci resta che rimboccarci le maniche e metterci al lavoro!

A Caia, il CAM svolge da ormai 20 anni attività sanitarie ed educative che sono essenziali per le comunità più svantaggiate del distretto e la speranza è quella di tornare al più presto al pieno delle nostre forze.

Un cambio di prospettiva: l’esperienza di Michele nel progetto di salute comunitaria

Un cambio di prospettiva: l’esperienza di Michele nel progetto di salute comunitaria

Ciao, sono Michele, dopo essermi laureato in Medicina nell’estate del 2024 ho deciso di guardarmi intorno per capire se ci fosse la possibilità di svolgere un periodo di volontariato all’estero nell’ ambito sanitario, così sono venuto in contatto con il CAM di Trento e ho scoperto che lavorava in Mozambico tramite una serie di progetti tra cui un piccolo progetto sanitario. Il progetto “Follow the Sun” attraverso le Brigadas Moveis mette a disposizione un’equipe per fornire servizi sanitari basici su base mensile, bimestrale o trimestrale nei villaggi appartenenti ai distretti di Caia, Marromeo e Cheringoma che sono distanti dalle unità sanitarie o dagli ospedali distrettuali. Al contempo l’organizzazione porta avanti a Caia, in collaborazione con un’associazione locale, l’attività di Cuidados Domiciliares Integrados ovvero un’attività socioassistenziale di supporto domiciliare che tramite 21 attivisti è in grado di fornire aiuto a un centinaio di persone malate e con esse altrettanti nuclei familiari in difficoltà.

L’ associazione si è dimostrata subito disponibile ad accogliermi e abbiamo avuto modo di pianificare assieme un percorso di due mesi, offrendo così al progetto un ulteriore supporto sanitario.
Con queste premesse sono dunque partito dall’ Italia ai primi di marzo senza grosse aspettative ma con tanta voglia di mettermi in gioco. Giunto a Beira e poi spostatomi a Caia, sto ora ambientandomi. Per ora una delle prima cose che ho capito è lavorare qui richiede un cambio di prospettiva. Siamo abituati, soprattutto in ambito sanitario, ad incasellare ogni processo, pianificare tutto al minimo dettaglio, stabilire algoritmi da seguire; è un metodo che funziona nel nostro contesto e con le disponibilità di risorse italiane. Tuttavia, mi sto rendendo conto che qui a Caia non è altrettanto applicabile. La scarsità di risorse sia in termini di farmaci disponibili che di professionisti della salute così come le avversità metereologiche che le Brigadas devono affrontare pongono sfide impegnative al raggiungimento degli obbiettivi di supporto sanitario: può capire infatti che alcune zone non possano essere raggiunte per mesi a causa delle piogge e anche qualora raggiungibili gli strumenti a disposizione sul campo siano ridotti.

Allo stesso modo, poi, anche l’ attività dei Cuidados è altrettanto impegnativa, soprattutto considerando il periodo di carestia che il Mozambico sta ora affrontando: è difficile incontrare infatti soluzioni efficaci per alleviare la condizione dei malati se questi hanno in partenza l’impossibilità di reperire cibo. Mi sto pian piano abituando ad un senso di impotenza che prima non avevo mai provato; tuttavia, sto imparando qui che anche in questi casi non bisogna abbattersi, bensì prendere atto di ciò che è possibile o non è possibile fare e agire affinché il risultato sia comunque il migliore realizzabile.

Caia, marzo 2025 – Michele Gasparotto