L’amore ai tempi dei madgermanes

L’amore ai tempi dei madgermanes

Qualche settimana fa, Africa Rivista ha pubblicato un articolo sui madgermanes, “la strana storia dei tedeschi di Maputo”, a cura di Marco Simoncelli, che racconta l’avventura di migliaia di ragazzi e ragazze che nel 1979 furono inviati dal governo di Maputo in Germania “per imparare un nuovo mestiere”. In realtà, l’obiettivo era ripagare un enorme debito che il Mozambico aveva contratto con la Germania per conseguire lo sviluppo industriale. Il gruppo dei madgermanes, costretti a tornare a Maputo nel 1990,  esiste ancora. Li si può veder sfilare ogni mercoledì per le strade di Maputo verso l’ambasciata tedesca per chiedere giustizia. Una giustizia che probabilmente non riuscirà ad arginare mai le ferite inferte agli amori interrotti dal rimpatrio forzato.

Quella che segue, nel doppio linguaggio del fumetto e dell’intervista, è la storia d’amore di Domingos, che oltre alla puntualità tedesca, in Mozambico si riportò il pensiero di un amore profondo e di un figlio che non ha mai potuto conoscere. Il fumetto ” Una storia d’amore africana” di Lorenzo Dalbon, volontario del CAM, è risultato tra i vincitori del concorso 60Storie, promosso dal Consorzio Associazioni con il Mozambico insieme a Associazione Trentino con i Balcani e Gruppo Trentino di Volontariato nel 2016.

DOMINGOS, UNA STORIA D’AMORE

La scuola primaria di Njezera di Caia, dove insegna Domingos, nel 2013 ha partecipato al Progetto Promozione alla Salute Comunitaria del CAM, ospitando diversi appuntamenti del programma. Il corso di formazione per insegnanti previsto è durato 7 mesi, e Domingos non ha saltato una lezione. Non solo, un quarto d’ora prima dell’incontro, lo potevi già vedere là, sotto la tettoia di paglia del cortile, ad aspettare i suoi colleghi: “Io ero già li prima dell’inizio della lezione perché mi hanno insegnato ad essere puntuale e in anticipo, se fossi arrivato in ritardo in Germania, mi avrebbero espulso e rispedito in Mozambico”.

A 18 anni, mentre frequentava un corso di abilitazione all’insegnamento nelle scuole primarie, Domingos diventò un attivista. ” Avevo 18 anni, ed ero appassionato di politica e adoravo il leader del movimento socialista Fronte di Liberazione del Mozambico, nonché primo presidente del Mozambico indipendente, Samora Machel”. A 21 anni, durante una visita alla sede provinciale della Frelimo a Beira, il Presidente convocò tutti i membri del partito ad un incontro per scegliere giovani attivisti da inviare in Europa per due anni, nella Germania alleata, a studiare politica”. Ci mandavano nell’Europa dell’Est per studiare come implementare il socialismo in Mozambico.

“Arrivai a Francoforte. Avevo 21 anni, per la prima volta ero nel primo mondo. Una cosa mi colpì profondamente, l’accoglienza dei tedeschi nonostante il colore della nostra pelle. Non c’era razzismo, io proprio non me l’aspettavo!”.

Una storia d’amore. ” In Germania non si cenava, si prendeva solo un pò di tè, un boccale di birra, un pezzo di pane, qualche stuzzichino, delle patate. E la sera alle 21, c’era ancora il sole. Una sera, me lo ricordo benissimo, entrai in un caffè, ordinai una birra, e in quel momento incrociai lo sguardo di una ragazza. Anche lei era una studentessa e quella sera festeggiava con le amiche il buon esito di un esame. Mi chiese da dove venivo, mi chiese del continente africano. Aveva due occhi azzurri, grandi e curiosi. Parlammo del Mozambico, e mi chiese di preparare per lei qualcosa di buono da mangiare, un giorno. Non passarono tre giorni che mi chiamò e mi invitò a cena. Passai lì la notte: nessuna mi aveva mai amato e mi avrebbe amato come ha fatto lei.

Il giorno mi accompagnò a scuola, e insieme chiedemmo al Direttorie di poter lasciare lo studentato e di andare a vivere insieme. Ulriche mi amava e voleva un figlio, nonostante sapesse che molto presto sarei partito per non tornare più e lei non avrebbe potuto seguirmi in Mozambico, perché il governo non l’avrebbe permesso”. Domingos e Ulriche vissero assieme per un anno e mezzo. Finito il corso di studio, l’ambasciata richiamò il gruppo dei mozambicani per reimbarcarli e farli tornare in Africa. Erano i primi mesi del 1986, un freddo pungente avvolgeva tutto.”

Il giorno della partenza fu un vero e proprio strazio, una guerra. Ulriche mi strappò la cravatta dal collo, continuava a chiedermi di non partire. Nostro figlio aveva quattro mesi. La mia compagna era donna bianca, e io non avrei mai creduto che qualcuno con una pelle di un colore diverso potesse prendersi cura di me in quel modo. In Mozambico avevo sposato mia moglie perché avevo un lavoro, e dei soldi da offrirle, e lei mi aveva scelto per questo…da noi è questa la normalità!”. Un amico di Domingos, il senhor Joao, è rimasto in Germania e, negli anni, è rimasto la fonte di informazioni su Ulriche e suo figlio, che ora ha 29 anni. Ulriche non si è mai più sposata e non ha più avuto figli da nessun’ altro uomo.

Domingos, se potessi esprimere un desiderio, cosa chiederesti? Vorrei che mio figlio potesse finalmente venirmi a trovare in Mozambico. Gli farei conoscere mia moglie e i miei figli, i suoi fratelli. E poi vorrei concludere i miei studi. Sto frequentando l’università, manca poco: voglio prendermi la laurea in Sociologia“.

Barbara Zamboni su intervista di Antonella Sgobbo

*(la foto in copertina è tratta dall’articolo di Africa Rivista dedicata al tema)

Lavorare con i rifiuti – il settimanale Savana racconta il nostro progetto a Beira

Lavorare con i rifiuti – il settimanale Savana racconta il nostro progetto a Beira

A inizio anno, il settimanale mozambicano Savana ha dedicato un ampio e bell’articolo al progetto del CAM nel settore dei rifiuti solidi urbani a Beira. A firmarlo il direttore Fernando Lima, amico del CAM sin dal suo viaggio a Trento nel 2017, ospite in occasione dell’evento “Mozambico Presente e Futuro”.
Al momento in cui è stato pubblicato l’articolo, la città era stata da poco colpita dal ciclone Chalane, che aveva causato danni, minori però rispetto al successivo ciclone Eloise del 23 gennaio.
Sul ciclone Eloise rimandiamo a questo articolo, sul ciclone Idai, il devastante evento di marzo 2019, al dossier che raccoglie tutto il materiale.

La gente di Beira ha trascorso questa settimana attendendo il Ciclone Chalane, ma continua a gestire gli effetti devastanti di Idai. Daviz Simango, il sindaco, e i suoi partner stanno cercando di “portare avanti la barca” soprattutto nella lotta contro il “mostro” di spazzatura che i tecnici chiamano “RSU” (Rifiuti Solidi Urbani). La costruzione di una discarica, così come il bacino di ritenzione delle acque piovane dell’Alto da Manga, è ancora un miraggio, ma un impianto di compostaggio (trasformazione dei rifiuti organici) è qualcosa che incoraggia Daviz e i suoi soci di Trento, una città storica del nord Italia da cui proviene Mario Raffaelli, una vecchia conoscenza dei mozambicani. SAVANA è andata a Munhava Matope per vedere cosa si fa dentro e la discarica e grazie ad essa.

Durban è il “nome di guerra” di Mario Antonio Katunde, vinto in altre battaglie nella prigione centrale di Beira, dove ha passato “alcuni mesi senza accusa”. La sua guerra è ormai la spazzatura, più concretamente la sua trasformazione in compost, nel mezzo della discarica di Munhava Matope, un quartiere di diseredati alla periferia della città di Beira. Durban è nato e cresciuto in città, ma i suoi genitori venivano da Mutarara in Tete.
Durban accompagna la separazione dei rifiuti e la gestione di un processo che richiede 4-5 mesi per rendere il composto ricco di azoto, fosfati e potassio. “La spazzatura più ricca è quella organica che si genera nei mercati”, spiega Flore Roura, agronomo adottato da Beira dove ha creato il progetto Terra Nova. Per chi conosce l’odore degli avanzi marci dei mercati, il composto è un granulato praticamente inodore.

Quest’anno, Durban e i suoi compagni hanno prodotto 130 tonnellate di fertilizzante ma sono riusciti a vendere solo il 25% del prodotto. Un sacco da 25 kg costa 120 meticais. In assenza di clienti con potere d’acquisto, Terranova lavora con associazioni di produttori agricoli “a cui vende a un prezzo sovvenzionato”. Al confine della discarica risaie a perdita d’occhio. Nelle terre inondate arriva anche il “mussopo”, un pesce che viene pescato con delle gabbie, una proteina preziosa nei quartieri poveri di Beira.
Durban comanda un piccolo esercito di 37 ex disoccupati di Munhava Matope, un nome che è anche fonte di paura, visto l’alto livello di microcriminalità nella zona generato dalla disoccupazione. Dato che il compost è ancora nel campo del politicamente corretto, Terra Nova raccoglie rifiuti presso i privati e ha già fatto un’incursione nel riciclaggio della plastica per la produzione di pavimentazioni e l’uso dei rifiuti delle latrine per migliorare il compost. La plastica è l’attività del progetto/società 3R (Reducing, Recycling, Reusing) che lavora al lato della discarica. Come a Maputo, schiacciano contenitori e altri tipi di plastica e poi esportano il materiale compattato.

Il ruolo del CAM

Quelle che sembrano piccole isole di imprenditorialità in mezzo alla discarica erano nel caos durante il post-Idai. Il CAM (Consorzio Associazioni con il Mozambico) ha mobilitato fondi per la “riqualificazione” della discarica, la costruzione di discariche e strade di accesso per la circolazione dei camion. L’UNDP e la Cooperazione Italiana “fanno la loro parte”, erogano le somme per la realizzazione dei progetti quando i contributi comunitari non sono sufficienti per l’entità delle sfide.

Beira produce 536 tonnellate di RS (rifiuti solidi) al giorno, ma la struttura ha la capacità di rimuovere solo 199 tonnellate. Non c’è una spiegazione formale di come si risolve il deficit, ma i responsabili del CAM ritengono che un impianto di compostaggio possa essere una soluzione per la città, così come a Nampula dove pure lavorano. E siccome nulla accade senza fondi, il CAM gestisce progetti come “small is beatiful” (piccolo è bello). Nel quartiere Maquinino, vicino al mercato locale, si fa “educazione ambientale” e raccolta differenziata. Ci sono bidoni per i rifiuti organici, di plastica e di carta. E ci sono “attivisti dell’immondizia” che cercano di mobilitare gli utenti del mercato tramite un nuovo motto che va di moda: applicare le migliori pratiche. “E’ un esperienza pilota”, spiega Helder Domingos del CAM.

Nell’ospedale centrale di Beira è stato costruito un nuovo camino per l’inceneritore di rifiuti bio-medici, mentre il progetto di inceneritore rifiuti per tutta la città, da posizionarsi a Inhamizua, non procede. Il vecchio inceneritore tratta ogni giorno 400 chili di siringhe ed aghi usati e i “residui biologici” della chirurgia. Il fumo nero che esce dall’ospedale è un incubo per i residenti della classe media di Macuti.

Nel quartiere di Chingussura, accanto alla storica Missione di S. Benedito a Manga, con i finanziamenti di ricostruzione post-idai è stato creato un nuovo sistema di drenaggio e fornitura di acqua potabile. Una benedizione per le decine di nascite che avvengono ogni giorno nel centro sanitario pubblico. Il tutto mentre il grande progetto della discarica e dell’impianto di compostaggio non arriva.

Fernando Lima

Traduzione a cura di Marika Sottile – qui sotto l’articolo originale

 

Il CAM torna in missione!

Il CAM torna in missione!

A distanza di poco meno di un anno dall’ultima missione, intrapresa dal nostro Direttore Isacco Rama e dal nostro Presidente Paolo Rosatti, sabato scorso, 23 gennaio, nonostante le difficoltà dovute alle restrizioni Covid-19, Silvia Comper, ora responsabile per la progettazione e fundraising del CAM, e Gianpaolo Rama, medico e membro del Consiglio Direttivo CAM, sono partiti alla volta di Maputo. Obiettivo? Una missione su due Province (Sofala e Inhambane) che ha una duplice finalità: monitorare i progetti in corso e raccogliere informazioni e dati per future progettazioni sul nostro impegno nell’ambito della salute e molto altro.

Nella giornata di martedì, Silvia e il Dott. Rama sono stati raggiunti dal Sig. Elias Lanquene (Responsabile del settore sanitario del CAM) e da Rosa (Rappresentante del gruppo Mae Para Mae).  In questi giorni, infatti, il nostro team sarà a Maxixe, ospite di Medicus Mundi Italia (MMI) per visite istituzionali e di campo nella provincia di Inhambane finalizzate allo scambio di buone pratiche per future collaborazioni in campo sanitario. La missione continuerà poi a Beira per fare i conti con i danni lasciati dal passaggio del recente ciclone tropicale “Eloise” e per monitorare l’andamento del progetto “Limpamoz” sulla gestione dei rifiuti solidi urbani, in partenariato con Progettomondo. Il viaggio terminerà nel nord della provincia di Sofala (in particolare a Caia, Marromeu e Inhaminga) dove Silvia, il Dott. Rama ed il Rappresentante Paese di MMI, Bruno Comini, saranno occupati in ulteriori visite istituzionali presso le Direzioni Distrettuali di Salute e faranno visita all’Associazione Mbaticoyane a Caia. Presto arriveranno testimonianze dirette del loro impegno!

Nel frattempo, non ci resta che augurare un buon lavoro al team!

Sofia Rinaldi

 

Ciclone Eloise – il CAM all’opera accanto alla comunità di Beira

Ciclone Eloise – il CAM all’opera accanto alla comunità di Beira

Raffiche che hanno raggiunto i 170 km/h e 250 mm di pioggia si sono abbattuti su Beira in poche ore, portati dal ciclone di categoria 3 “Eloise” nella notte tra venerdì 22 e sabato 23 gennaio 2021. La città, ancora duramente segnata dal ciclone Idai del marzo 2019 (di categoria 4), si è trasformata in un nuovo scenario estremo, con case scoperchiate e quartieri e strade impercorribili, tagli alle linee elettriche e di telecomunicazioni, mentre le vittime dirette, secondo fonti ufficiali, sarebbero sei

 I quartieri informali, dove le case sono perlopiù realizzate con coperture di zinco, e i campi che ospitano gli sfollati del ciclone 2019 sono quelli che hanno sofferto di più, in molti casi già provati dal passaggio, meno di un mese fa, della tempesta tropicale “Chalane” (30 dicembre 2020).  

I campi in ampie zone del Mozambico centrale – tra cui quelle più fertili del distretto di Caia vicine al fiume Zambesi – sono allagati e questo in un periodo in cui la stagione delle piogge non è ancora al termine, il che significa che le coltivazioni potranno subire ulteriori danni.  

Sono stati nuovamente danneggiati anche gli uffici della sede del CAM a Beira, invasi dall’acqua. Helder Domingos, che a Beira coordina il lavoro del CAM nell’area della gestione rifiuti solidi urbani ci racconta “E’ stato difficile per tutti rivivere la paura delle terribili giornate e notti di Idai. Questa volta il vento non è stato così forte, ma la pioggia ha fatto parecchi danni. Sono entrato in contatto con tutto lo staff, stanno bene, ma tre di loro hanno perso la casa e quasi tutti hanno subito danni. Il figlio del guardiano Lazaro è ferito alla testa. Siamo ancora senza collegamento internet e anche la rete telefonica funziona male”.

 Dopo aver colpito Beira, il ciclone si è spostato nell’entroterra, verso lo Zimbabwe e il Sud Africa, venendo riclassificato in “tempesta tropicale”. 

Ora la città è impegnata con la conta dei danni, il ripristino delle funzioni più urgenti e per scongiurare il pericolo che accompagna sempre queste inondazioni: le epidemie di colera causate dai ristagni delle acqua reflue in zone molto affollate e prive di sistemi fognari. Il CAM si è subito attivato a fianco del Municipio di Beira per i primi interventi di emergenza, collaborando per attivare la comunità nella pulizia dai detriti e il ripristino delle strade e degli edifici pubblici, con il supporto anche di Progettomondo all’interno della partnership del progetto Limpamoz, attivo nell’ambito dei rifiuti solidi urbani.

 A complicare la situazione ed a preoccupare gli abitanti e le istituzioni di Beira è inoltre il forte aumento, nell’ultimo mese, dei casi di covid-19, che in tutti questi mesi di pandemia erano stati tutto sommato limitati nel paese e più concentrati nell’area di Maputo.

La città di Beira, per le caratteristiche della sua fragile geografia costiera, continua a subire gli effetti di eventi naturali estremi, sempre più frequenti. Purtroppo si conferma come siano sempre i più vulnerabili a pagare il prezzo più caro di questi eventi, rispetto ai quali la comunità scientifica concorda che siano resi più intensi e ricorrenti a causa dei cambiamenti climatici.

 Il CAM è già all’opera a fianco del Municipio di Beira per i primi interventi di emergenza, ancora una volta accanto alle istituzioni e alla comunità di Beira.

Contribuisci anche tu attraverso la raccolta fondi attivata per questa nuova emergenza e per la fase di ricostruzione.

 ABBIAMO APERTO UNA RACCOLTA FONDI TRAMITE GOFUNDME – potete anche sostenerci direttamente attraverso un bonifico (IT53 M08304 01850 000050302139) o un pagamento online via Paypal.

Alcuni link internazionali per una rassegna stampa sull’evento.
 Reliefweb.int
BBC.com
Al Jazeera.com
Sant’Egidio.org
Greenreport.it

Il reportage da Beira di The Guardian da noi tradotto in italiano riflette sulla fragilità dei paesi più poveri, e del Mozambico in particolare, di fronte ai #cambiamenticlimatici.

Vai al Dossier Idai, dove abbiamo raccolto la cronaca, gli impegni del CAM nell’emergenza e nel lavoro di ricostruzione.

Escolinhas 2021 – l’educazione prescolare ai tempi della pandemia

Escolinhas 2021 – l’educazione prescolare ai tempi della pandemia

Il mese di gennaio è solitamente un mese di grande fermento per i 19 operatori che lavorano nelle 4 escolinhas del CAM, nei quartieri DAF, Amilcar Cabral, Chirimba 1 e Vila a Caia. Sistemazione delle aule e degli spazi per accogliere i bambini, annunci radio per promuovere le iscrizioni, raccolta delle immatricolazioni, formazione… Ma partire in questo 2021, dopo quasi un anno di emergenza sanitaria, è un percorso complicato.

Attraverso la RDPI – la Rete Nazionale per lo Sviluppo della Prima Infanzia di cui il CAM è membro – i nostri operatori sono costantemente aggiornati riguardo alle indicazioni del Ministero Genere, Infanzia e Azione Sociale – in merito all’apertura in sicurezza delle realtà educative dell’ambito prescolare. Non ci sono attualmente prospettive di autorizzazione all’avvio per il primo trimestre 2021, pertanto il progetto sta organizzando le attività in continuità con il 2020 (vedi articoli di aprile, giugno e settembre) mantenendo però anche l’attenzione riguardo alla possibilità di predisporre tutte le misure e i protocolli che saranno richiesti per le aperture, nel secondo o terzo trimestre. Riprenderanno quindi gradualmente le attività di screening nutrizionale, sostegno alimentare per i bambini segnalati con denutrizione acuta o moderata, attività didattiche porta-a-porta e incontri di educazione parentale. Parallelamente gli educatori con il supporto del progetto EducaMoz continueranno nella formazione in ambito di pedagogia infantile e con un supporto nell’organizzazione delle attività domiciliari.

In Mozambico il calendario scolastico delle scuole primarie e secondarie, che prevede normalmente l’avvio delle lezioni a febbraio, sarà posticipato di circa un mese, come conseguenza dei ritardi nelle sessioni di esame. Inoltre tutto il Mozambico è alle prese con un aumento esponenziale dei casi di Covid-19 accertati, dopo che per molti mesi erano rimasti tutto sommato limitati perlopiù alla zona di Maputo.

Nel frattempo però sono arrivate alcune buone notizie sul fronte delle strutture e per l’associazione ADEC. Grazie all’approvazione di un finanziamento richiesto all’Ambasciata del Giappone in Mozambico, nel corso del 2021 verranno riabilitate le strutture delle escolinhas Kukomerua e Miriam (nei quartieri Vila e Amilcar Cabral). Qui sotto una foto della cerimonia di firma del protocollo di avvio progetto, tenutasi a Beira il 13 gennaio scorso.

L’ADEC, l’Associazione per lo Sviluppo delle Escolinhas Comunitarie, che riunisce gli operatori del progetto ed ha lo scopo di creare un soggetto in grado di gestirlo in autonomia nel futuro, ha ottenuto il riconoscimento ufficiale a livello distrettuale ed ha avviato l’iter per il livello provinciale e per l’apertura del conto bancario. Ha anche il suo nuovo logo, che vi presenteremo a breve! Nella foto in alto, un incontro della formazione tenuta a dicembre, per la creazione di un gruppo di risparmio e credito all’interno dell’associazione, curata dal responsabile ufficio microcredito Dionisio Iaia. Un’attività utile, che crea coesione interna ed aiuta a sviluppare, con i crediti messi in comune, le iniziative personali o di gruppo!